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venerdì 2 agosto 2019

Recensione - "L'Isola delle Sirene" di Caterina Franciosi

Hybris e Sirene 

Franciosi, C. (2019). ‘U Sfinciuni. L’isola delle Sirene. Ravenna: Sensoinverso Edizioni, “Collana Extra” QUI PER L'ACQUISTO

Il racconto L’isola delle Sirene di Caterina Franciosi è senza dubbio un testo semplice, di facile lettura, che nasconde tuttavia una grande quantità di simboli e isotopie proprie del mare, a cominciare dal vecchio barbuto che narra la storia ai suoi nipotini, vera cornice della narrazione e detonatore del processo di digressione temporale tipica della tecnica narrativa del flashback. Un tempo incessante, scandito dal ticchettio dell'orologio, come Caterina ricorda anche nella sua short story Tic Toc (QUI il blog di Caterina se siete curiosi!). Sembra quasi che sia lui, in virtù della sua età, l’unico a poter parlare di uno dei lapalissiani segreti che il mare custodisce: le Sirene. Guai a peccare di hybris e tentare di dare una spiegazione razionale ai misteri dell’oceano. Come dimenticarsi della lacrima nell’oceano di Ulisse e della sottrazione di fluidi, quasi a sottolineare la gelosia e la presunzione dell’immensa distesa d’acqua? Il mare non si esprime, non
Una raffigurazione della Loreley di Heinrich Heine
consola, ma si intuisce cosa direbbe se potesse parlare. “Siamo tutti fratelli in mare” cita il racconto, forse un tentativo di recuperare una social catena oramai perduta fra chi cerca di opporsi all’impeto che nessuno risparmia, nemmeno chi ha perso tutto? Il tema delle sirene sapientemente tratteggiato in questa storia sembra ricondurci alla leggenda della Loreley di Heinrich Heine (della quale il celebre gruppo degli Scorpions ha cantato una bellissima ballata) per poi smentirla pienamente. In questo contesto le sirene sono spogliate di ogni significato mitologico e riattualizzate con uno nuovo, che lascio inferire al lettore. Di qui il tema della tempesta, come dice Branduardi, “se la vita è tempesta, tempesta allora sarà”. Il protagonista del flashback non si tira infatti indietro di fronte alle avversità del viaggio, ma le abbraccia con stoico spirito di iniziativa. Chi racconta non è più un eroe del presente che non sa per quali valori lottare, è un eroe classico, che ha ben chiaro il suo scopo e cosa fare per realizzarlo. In questo racconto ritroviamo quindi un bellissimo chiasmo giocato fra il recupero dell’eroe classico e la “rimozione” del mito della sirena seduttrice. Inutile infine rimarcare che lo stile di Caterina è unico e inimitabile, capace di far risorgere termini di rara bellezza e ricercatezza, quali ad esempio il verbo “baluginare” che, a mio avviso, si addice parecchio alla materia del racconto. Che dire, un “colpo di coda” in grande stile, quasi quanto il nome Nereios, diretto riferimento al movimento ondino delle acque del mare sulla riva che, purtroppo o per fortuna, solo chi ha solide competenze linguistico-filologiche riesce a cogliere ad una prima lettura.

02 agosto ’19

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