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lunedì 1 gennaio 2024

Friedrich Dürrenmatt: La Visita della Vecchia Signora (1955) - Un'interpretazione

Umanesimo e Cinismo 

  • Cenni sull'opera
In quel mare di testi da studiare, leggere e sottolineare si cela spesso un libro che ci cambia la vita: non in senso buono o cattivo, semplicemente un'opera che ci dischiude una nuova visione del mondo secondo una diversa prospettiva. Per quanto mi riguarda credo sia questo il caso de ''La visita della vecchia signora'' di Friedrich Dürrenmatt, pièce che considero non solo un capolavoro della letteratura tedesca, quanto più della letteratura mondiale. Per rubare le parole di Fritz Martini nella recensione de "Il Cantoniere Thiel'' (1888) di Gerhart Hauptmann, direi che "Diese novellistische Studie hat, im schmalen Format, den Rang von Weltliteratur. Traduzione mia: "Questo studio novellistico (che in realtà è una pièce ma ha in comune la brevitas della novella) ha, in un formato assai ridotto (circa 80 pagine), la statura della grande letteratura mondiale". Ebbene sì, in questo libricino di neanche 100 pagine troviamo una vera e propria cartografia della società moderna, caratterizzata dall'onnipotenza del Dio denaro capace di comprare, oltre che oggetti e cose fattuali, anche persone e persino i grandi ideali umanisti, come ad esempio la giustizia. La vera ricchezza di quest'opera risiede nella sua visione cinica e grottesca della società, in grado di dimenticare la propria umanità per assecondare una malata logica utilitaristica.

Di seguito un piccolo riassunto dell'opera tratto dalla rappresentazione teatrale di Armando Pugliese del 2003 per l'associazione culturale "Gli Ipocriti" diretta da Pierfrancesco Favino:
L’opera è il ritratto di una vecchia ricchissima (Claire) che offre una cifra da capogiro a chi ucciderà l’uomo (Ill) che l’aveva sedotta all’età di diciassette anni e, successivamente, abbandonata. Si presenta, prima dell’ora prevista, alla stazione ferroviaria dove l’intero paese, saputo del suo arrivo, era pronto ad accoglierla con striscioni, banda e cori e le personalità più in vista del paese, quali il borgomastro, il parroco, il preside, il pittore, ecc…, avevano preparato grandi discorsi di benvenuto.
Al paese, ridotto oramai in miseria, la vecchia signora si presenta con un abbigliamento di un gusto impossibile e sfarzoso, piena di collari di perle, enormi bracciali, vistosissimi gioielli; porta con sé un nutrito seguito composto dal maggiordomo Boby (forse ottantenne), il settimo marito, alto, snello, baffi neri ed in perfetta tenuta da pesca e poi ancora Koby e Loby due uomini piccoli, grassi, vecchi eunuchi ciechi, Toby e Roby due energumeni che masticano gomme ed ex-gangster di Manhattan condannati alla sedia elettrica a Sing-Sing, graziati su intercessione della vecchia signora la quale dirà in una sua battuta «mi sono costati un milione di dollari per ogni intercessione».
Con il caos generale creatosi ha inizio la vendetta di Claire nei confronti di Ill, il suo primo amore. Il danaro è alla base di tutte le azioni; nell’evolversi della storia, il sarcasmo si sostituisce alla serietà, la prepotenza alla gentilezza, l’opportunismo alla lealtà, la ricchezza alla povertà, la violenza alla persuasione, la vigliaccheria ai valori, la pusillanimità al coraggio tutto questo per giungere ad un unico scopo ovvero la morte di Ill che si lascia uccidere dai suoi compaesani convinto di non poter sfuggire al suo proprio destino di vittima sacrificale degli egoismi degli stessi. La vecchia signora paga il suo debito ai cittadini e riparte per Capri.
Ed ecco che il benessere cresce nel paese discreto, non invadente ma sensibile. Tutti migliorano, non esistono più quartieri poveri ora è una cittadina moderna economicamente prosperosa; il grigiore e lo squallore che prima avvolgevano il paese inoperoso si trasformano in un lieto fine ovvero nello splendore della tecnica e della ricchezza. Ed i cittadini felici si godono la felicità regalata dalla vecchia signora.

 

  • Contestualizzazione storico-letteraria
L'opera si inserisce nel filone del teatro dell'assurdo, una vera e propria rivoluzione letteraria nata dall'epoca di crisi post-bellica poiché, accanto allo sgretolamento delle culture e delle società impegnate nella Guerra, si ritrovano gli sforzi delle stesse potenze nella ricostruzione di un'identità forte, punto di partenza per una nuova letteratura che prenda in esame anche l'umanesimo e i grandi valori classici. Il teatro di Dürrenmatt è "assurdo" perché l'uomo mette in scena le sue questioni di fronte a un mondo che inevitabilmente tace, senza dare alcun tipo di risposta se non un grido taciuto di matrice Pavesiana. Questo silenzio è da interpretarsi come una sorta di metafora stante a significare l'impossibilità della ratio di spiegare la realtà e la vita essendo quest'ultima dominata da un principio irrazionale e inintelligibile. Di fatto, Alfred Ill non riceverà alcuna risposta in merito alla decisione del Comitato sulla sua vita o sulla morte, ma lo scoprirà solo nella parte finale della pièce, dopo un'estenuante attesa beckettiana. L'uomo mette in scena il proprio dramma, si agita, scalpita, agisce, si infervora, compie scelte, ritorna sui suoi passi... Insomma, vive e prende parte al grande teatro dell'esistenza che vede riapparire costantemente, in uno stile simil-balzachiano, tutti i personaggi del passato e del presente in un destabilizzante turbinio di volti alla base di un effetto di smarrimento e confusione. Ciò vuole senza dubbio riprodurre la stessa precarietà e lo stesso disorientamento dell'uomo moderno in un periodo di transizione come gli anni '50 nei quali questi cerca, importando modelli culturali dall'estero (come ad esempio il "self-made man" americano) di ricostruire un'identità oramai sgretolata dal secondo conflitto mondiale. In questo mare magnum di instabilità e confusione, è possibile però scorgere un'unica certezza, tipica dell'eroe tragico: il protagonista sembra dover inevitabilmente pagare per gli sbagli che egli stesso ha commesso, senza possibilità alcuna di riscattarsi o di porvi rimedio. Che, velatamente, questa sia una critica nei confronti di chi ha affamato mezza Europa per le sue manie di grandezza? Non credo esista una risposta univoca, credo però sia interessante notare come il fine ultimo delle azioni dei personaggi del libro sia la vendetta e non il benessere personale.

  • Simbologia e Personaggi
Un'attenzione particolare nell'analisi della simbologia dell'opera la merita senza ombra di dubbio la cornice all'interno della quale la vicenda si sviluppa, ovvero la cittadina svizzera di Güllen (letamaio in Schwyzerdütsch). Güllen è infatti un piccolo borgo caduto in disgrazia che assomma bancarotta, disastro economico e disperazione. Da un punto di vista antropologico questo décor può essere considerato come un ritratto miserevole dell'uomo: molti dei personaggi della pièce non sono infatti presentati coi loro nomi propri ma solamente con le loro professioni o con il loro grado di parentela rispetto al borgomastro, quasi a sottolineare come il lavoro sia l'unica istanza in grado di riempirli di identità.

In secondo luogo, nell'opera si aggira la presenza intangibile di una pantera nera. spesso nominata ma mai apparsa manifestamente. Da un lato, potrebbe trattarsi di un simbolo della morte in agguato, capace di colpire il protagonista Alfred quando meno se lo aspetta; dall'altro, potrebbe rappresentare la vera natura celata degli abitanti di Güllen, atavicamente ingordi di sofferenza e violenza sul più debole. Si potrebbe trattare, in questo senso, di una sorta di manifestazione dell'istinto primordiale dei cittadini che si dimostra però soffocato dalla socialità dal reticolo delle loro ipocrite convenzioni borghesi.

Alla pantera si aggiungono le scarpe gialle, simbolo del presagio di morte del protagonista. Dal momento in cui la città comincia a indebitarsi le scarpe gialle spuntano come funghi, simili ad una sorta di correlativo oggettivo per Alfred che inizia a rendersi conto di poter ripagare le numerose Scarpe Gialle acquistate dai cittadini solamente con la sua dipartita. Si tratta sicuramente di un dettaglio da non trascurare, anche perché il loro colore non è un caso: il giallo è per antonomasia colore di invidia, pazzia, decadenza, ma soprattutto tradimento (come quello di Alfred nei confronti di Claire).

Güllen, la pantera e la scarpe gialle entrano a far parte della narrazione ricordandoci come i suoi attori stiano in realtà compiendo un'imperitura danza macabra. Claire e Ill sono quei ballerini che, con le loro movenze e i loro passi, ricordano come ognuno sia costretto, prima o poi, a pagare il prezzo degli errori che ha commesso. Queste due figure così opposte fra loro meritano una solida attenzione per via delle loro preziosissime venature antropologiche:
  • Claire Zachanassian, al secolo Klara Wäscher, ha dovuto cambiare nome in Claire Zachanassian in seguito alla gravidanza extraconiugale con Alfred, da lui subitamente smentita con un broglio durante il processo. Claire si dimostra sin dalle prime battute potente e dominante e, a testimonianza della sua Ohnmächtigkeit, capace di esercitare un controllo quasi totale sulle ferrovie, infrastrutture incide del progresso e del benessere economico del paese. La miliardaria è capace infatti, con un solo schiocco di dita, di far fermare un treno espresso nella dimenticata stazioncina di Güllen, meta soltanto dei convogli locali. Da un punto di vista allegorico, l'arresto del treno (sia in quanto oggetto che in quanto simbolo) può interpretarsi come la sospensione del progresso morale della società che, accerchiandosi attorno ad Alfred, lo stringe in una morsa di terrore e psicosi fino a spogliarlo della sua umanità. Il principale strumento di potere di Claire è il denaro, che le permette di comprare la giustizia della città di Güllen e le conferisce il ruolo di burattinaia-padrona della città e dei suoi abitanti. Il perché di questo interesse per una cittadina dimenticata dal mondo appare evidente da una delle sue frasi più celebri: "Il mondo ha fatto di me una puttana, io voglio fare del mondo un bordello", parafrasando "Così come Alfred ha reso di me una donna di bordello, allo stesso modo meritano di soffrire lui e il luogo in qui questo sopruso si è consumato". In virtù di queste affermazioni la miliardari sembra avere le fattezze di due delle più maestose figure della mitologia greca: le Moire e Medea. Il primo parallellismo sembra particolarmente azzeccato poiché Claire, esattamente come le Parche, si ritrova a decidere quando recidere il filo della vita, potere conferitogli dal Dio denaro capace di comprare la giustizia e le coscienze degli abitanti di Güllen. Il secondo accostamento è d'obbligo, poiché Claire non si arresta davanti a nulla ed è animata dalla sete di vendetta e riscatto del passato, entrmabi estinguibili sollo con la morte del protagonista. Nonostante la sua ira funesta, questa figura sembra conservare una certa umanità e lucidità emotiva in alcuni rari momenti di tenerezza. Chissà, forse anche lei, in fondo, desiderava solo una vita in compagnia di Alfred riscaldata dall'amore e dalla dolcezza che, purtroppo, le è stata brutalmente negata. Si può infatti dire che sia proprio questa negazione di sentimenti ad aver trasformato il nobile impulso all'amore in una forza distruttiva assetata di vendetta. Inoltre, alcuni hanno visto in questo personaggio una metafora molto velata del Führer e della Germania nell'epoca Hitleriana, ma le interpretazioni storiche le lascio volentieri a chi fa il critico di mestiere. 
  • Alfred Ill è lui il punto nevralgico dell'opera: è lui che ha messo incinta Claire, è lui che ha mentito al processo per uscire illeso ed è lui l'unico che può porre fine alla sete di vendetta di Claire. Durante lo snodo della vicenda Alfred sperimenta una sorta di processo catartico che lo porta alla consapevolezza del suo peccato e alla sua conseguente purificazione. Nonostante la catarsi, Ill rimane però un eroe tragico, costretto a pagare per gli errori commessi forse più per incoscienza che per cattiveria. Ill è a mio avviso un personaggio ambivalente poiché accende una riflessione inedita sulle colpe dell'uomo: è giusto pagare un prezzo così alto per un errore commesso non per cattiveria ma per incoscienza? Esiste un diritto all'oblio rispetto alle azioni lesive minori? Ill, è un personaggio per il quale si può provare compassione? Si tratta senza dubbio di domande alle quali ognuno può dare una risposta secondo la propria esegesi del testo. 

  • La forma
Ritornando alla dimensione letteraria dell'opera possiamo considerare ''La Visita della Vecchia Signora'' una tragicommedia classica: si tratta di una tragedia poiché raffigura con prezioso cinismo la morsa che si stringe attorno ad Alfred soffocandolo e determinando la sua condanna in nome dei peccati che, oramai, sembravano appartenere al passato; l'opera è anche una commedia intesa come gioco scherzoso per via dei numerosi siparietti comici nei quali Claire Zachanassian chiama a sé i suoi orrendi e ripugnanti servi o quando Alfred, nel tentativo di sedurla, si imbatte nella sua gamba di legno sulla quale lei tamburella allegramente; infine, l'aspetto classico è dato dalla presenza di cori che commentano le scene clou della pièce e trasmettono un giudizio morale da monito per il lettore. Nella parte finale dell'opera il coro è infatti caratterizzato da una grande moltitudine di voci che, all'unisono, ricordano i temi dell'Antigone di Sofocle: la povertà concepita come la peggiore delle catastrofi possibili, la supremazia dei forti sempre pronti a sopraffare i più deboli e le chiese vuote e sconsacrate, correlativo oggettivo della mancanza di moralità nella società, quest'ultima dominata dalla legge del denaro e del più forte.

  • La grandezza
Ma cosa fa di quest'opera un vero e proprio capolavoro della letteratura mondiale? Il fatto che questa pièce possa essere letta in ogni epoca e si presenti sempre come una fonte di verità fondamentali sull'uomo. Le isotopie sono molteplici e tutte terribilmente attuali: la vendetta, che sembra perpetrare in ogni nostro atto, la colpa individuale e quella collettiva, fin dove si è responsabili delle proprie azioni? È giusto pagare nel presente per gli errori commessi nel passato?, la corruzione (e qua ci sarebbe da scrivere, soprattutto in ambito politico) e la potenza del denaro, che attua una sorta di lavaggio del cervello e asservisce tutti a sé stesso. Geld ist Macht, il denaro è potere, e può comprare sia la giustizia dello sia i grandi valori umanistici che appaiono così instabili, tanto quando la cultura e la società dell'epoca. 

Un libro è un capolavoro quando, indipendentemente dall'epoca in cui questo viene letto, è capace di leggere la filigrana antropologica e la struttura morale dell'uomo indipendentemente dal contesto. Per constatare se, effettivamente, ''La Visita della Vecchia Signora'' compia questo tipo di analisi, credo sia sufficiente riflettere sui movimenti dell'instabile situazione estera attuale. La risposta è alquanto ovvia ed esplicativa della valenza letteraria mondiale di questo romanzo che, "im schmalen Format, den Rang von Weltliteratur hat". 


Bibliografia: 
Dürrenmatt, F. (1956), Der Besuch der alten Dame. Eine tragische Komödie, Neufassung 1980 Zürich: Diogenes. Traduzione italiana di Rendi, A. (1989), La visita della vecchia signora, Torino: Einaudi, “Collezione di teatro”.


Ringrazio la mia amica Elena per l'aiuto nella correzione di alcuni refusi di questo articolo. 

lunedì 5 aprile 2021

Recensione - "Il cappotto vuoto" di Caterina Franciosi

Allusioni

Franciosi, C. (2021), Il cappotto vuoto, Milano: Delos Digital, QUI PER L'ACQUISTO


Non è la prima recensione che scrivo dei racconti di Caterina poiché, come ho già ribadito nelle precedenti recensioni, penso che il suo stile e la sua bravura siano qualità degne di nota. Questa volta devo dire che il suo racconto mi ha stupito perché, non so esattamente come, Caterina riesce sempre a reinventarsi e a sortire un effetto diverso per ciò che scrive. A differenza degli altri suoi racconti questo ha dei toni più allusivi e, a mio avviso, è possibile tracciare una evidente isotopia riguardante i temi della metamorfosi e del perturbante. A svelarcelo è subito Caterina che, sin dalle prime pagine, introduce la stagione primaverile che, si sa, è simbolo di rinascita, e l'incubo, emblema per eccellenza del deragliamento dei sensi. Inoltre, come dimenticare il fatto che il cappotto vuoto potrebbe essere accostato ad un bozzolo o ad una effimera crisalide? Valentina Monetta conosce bene il tema della Crisalide (qui per la sua canzone) e, nel suo omonimo brano, si chiede per l'appunto quale sia il "ponte sull'immensità" al quale conduce la crisalide:

Certe volte dentro me
Ho sentito un vuoto che
Mi chiamava dentro di sé
Vieni ora a vedere la verità
C'è un ponte sull'immensità

Il tema della crisalide mi piace molto e credo che una lettura di questo genere possa instradare (ma non troppo) la lettura. Che questo cappotto vuoto sia una metafora? Se sì, di cosa? Come al solito, al lettore il compito di scoprirlo! 

La copertina del libro edito da DELOS Digital
Il racconto di Caterina scivola veloce ed è possibile leggerlo tutto d'un fiato senza tralasciare particolari importanti: la narrazione è avvincente, lascia con il fiato sospeso, e i dialoghi non rompono troppo la linearità del racconto ma, anzi, contribuiscono a renderlo ancora più reale di quanto già non sia. I 9 capitoli sui quali si basa la narratio intessono una bella trama, ricca di colpi di scena che sbaragliano il lettore sul più bello, ricordandogli che, come in tutti i racconti, un easter egg (visto che siamo in tema) sia in realtà un valore aggiunto.

A ciò si aggiungono importanti indicazioni sul protagonista, che sembra siderato emotivamente e stenta a scendere a patti con questa sua condizione. Cosa gli è successo? Perché cammina solo sul marciapiede? Che intenzioni ha? Quello di Hank è un personaggio affascinante proprio perché opaco, e perché il lettore può ritrovarvici tutto quello che preferisce (o crede di aver inteso). 

Alla fine di ogni recensione mi chiedo sempre cosa mi sia rimasto del racconto dopo la sua lettura. Devo dire che questa volta sono abbastanza combattuto, esattamente come il protagonista stesso. Permettere al lettore di immedesimarsi così tanto nei panni di un personaggio fittizio non è per nulla facile, eppure Caterina ci è riuscita in sole 29 pagine. Non proprio facile, non credete? 


05 aprile ’21

sabato 14 marzo 2020

Recensione - "La Pioggia Ricorda" di Caterina Franciosi

Pioggia e Poliziesco

Franciosi, C. (2020), La pioggia ricorda. Milano: Delos Digital, QUI PER L'ACQUISTO


Non è la prima recensione che scrivo dei racconti di Caterina poiché credo che questi meritino la stima che in genere si ha per le grandi scrittrici. Questa volta mi sono trovato di fronte a un racconto dal sapore nuovo, molto vicino a quello del genere poliziesco, intervallato da minuscole ma dettagliate parentesi dedicate alla pioggia che, ogni volta, è presentata in tutta la sua forza e la sua "arroganza". Non a caso è questo l'elemento centrale della sua pubblicazione che, esattamente come un gatto che scivola insospetto fra le mura di casa, fa la sua comparsa inaugurando le scene più importanti del romanzo, quasi in virtù di evento spartiacque. La pioggia non ha però solo valore didascalico, serve anche a caratterizzare le diverse situazioni e si afferma in qualità di elemento utile alla descrizione. Con le sue goccioline che cadono incessanti al suono di ploc ploc Caterina è stata infatti in grado di riprodurre quell'atmosfera umida e fredda tipica delle cittadine americane delle quali, spesso, si legge nei Thriller di scrittori quali ad esempio Kent Haruf. Il romanzo, anche se a
La pioggia che con la sua umidità stuzzica le nostre sensazioni
mio parere sarebbe più opportuno parlare di novella data la brevitas dell'opera, si dispiega su di una scena molto particolare, quella per l'appunto della pioggia su New Orleans, tanto cantata anche da Cher nella sua Dark Lady che ricorda come una "[...] fortune queen of New Orleans, Was brushing her cat in her black limousine". L'ambientazione è dunque quella di una cittadina americana che ben si addice al taglio simil-poliziesco della sua opera. Si aggiungono alla narrazione inoltre importanti indicazioni geografiche e topografiche, utili per la contestualizzazione. Qua è necessario riflettere sul significato che questa precisa ambientazione ha. Perché Caterina ha scelto la città di New Orleans in un determinato periodo storico come quello di Settembre 2011? Al lettore di scoprirlo e di completare l'ellissi dei testi caratterizzati da brevitas. Tornando all'isotopia della pioggia è evidente come sia possibile rintracciare nella sua novella un climax di elementi legati alla tempesta, quest'ultima interpretabile forse più metaforicamente che fisicamente. La pioggia è infatti spesso il punto di partenza per i temporali, che possono degenerare in tornadi e, idealmente, in uragani o disastrosi maremoti. L'interpretazione simbolica della tempesta la lascio al lettore, così come quella in merito all'ambientazione dell'opera poiché, si sa, una recensione deve suggerire spunti interpretativi e piste di lettura. Cosa resta dunque, dopo averlo letto, di questo romanzo? Il respiro umidiccio tipicamente pioviginoso della sua narrazione giocata fra le strade di New Orleans e le tinte simil-poliziesche. Non male per una scrittrice fantasy eh?!


13 marzo ’20


sabato 15 febbraio 2020

Ipocrisia

Riflessione sull'ipocrisia (tratto da una storia vera)


La vera domanda, quella che avresti dovuto fare è: “Cosa si cela sotto la maschera?” Io ti dico che dietro alle tue maschere c’è Dio, ci sei Tu, un essere eterno ed infinito, lo hai solo dimenticato. Ti sei identificato a tal punto nelle maschere che hai perso di vista chi sei veramente. La maschera come ti ho già detto, è uno strumento progettato per aiutarti a vivere in società, ma è solo uno strumento! Questo ha preso però il sopravvento e ti gestisce, non sei più l’attore che indossa le maschere ma sei diventato i personaggi delle varie commedie che interpreti, talmente identificato che quando te li togli di dosso non trovi niente e nessuno. Quel “Niente” che tu senti è in realtà il “Tutto”, tu non lo percepisci in quanto non ne hai ancora consapevolezza: tu sei la goccia nell’oceano, sei una cellula di un organismo, sei un atomo della materia. Quel Niente che percepisci rappresenta l’integrazione totale, è il passaggio dall’individuale al collettivo, la morte dell’ego. Sotto alle maschere vi è un “Essere Immortale” che è in grado di utilizzare tutti gli strumenti messi a sua disposizione per contribuire alla evoluzione dell’universo. (Tratto dal romanzo Dialogando con il maestro di Luigi Pirandello)

Non trovo passo della letteratura che possa spiegare meglio l'inconsistenza delle convenzioni borghesi e delle persone che vi aderiscono. La forma sociale prende il sopravvento sul vero essere e annienta ogni tipo di iniziativa personale e peculiarità. Forse è proprio questo ciò da cui gli uomini cercano di fuggire: l'insostenibile peso dell'eccezionalità che ci ricorda quanto in realtà, dietro lo sfarzo e il lusso che alcuni proiettano al loro esterno, si nasconda la loro misera insignificanza. 

martedì 20 agosto 2019

Fabrizio De André, Le Acciughe Fanno il Pallone - Una Piccola Interpretazione

Ascoltavo un vecchio vinile che conservavo gelosamente in soffitta quando, tutto a un tratto, mi sono accorto della bellezza della canzone di Dé André Le Acciughe Fanno il Pallone. Un pezzo di raro pregio che, dietro ad un'apparente semplicità, nasconde un significato celato estremamente elaborato. La bellezza di questo brano emerge in particolar modo in una delle sue ultime esecuzioni live dello stesso De André al Teatro Brancaccio di Roma (1998): 


Ma diamo un'occhiata più da vicino al testo che, nella sua linearità, nasconde non poche piste interpretative:


Le acciughe fanno il pallone
che sotto c'è l'alalunga
se non butti la rete
non te ne lascia una

Le acciughe fanno il cosiddetto "pallone" quando si sentono attaccate dal loro predatore più temuto: l'alalunga. Il loro comportamento non è per niente ingiustificato, visto che tale pesce si ciba delle povere acciughe che, dopo esser sfuggite alle reti dei pescatori, devono preoccuparsi anche di questo nemico. Ciononostante, questa prima strofa è un invito a godere della vita, ad abbracciare il motto del Carpe Diem in tutte le sue possibili sfumature. Nessun tentennamento, solo fatti: il pescatore non può esitare nel lanciare la propria rete, altrimenti il pesce si sarà già volatilizzato. Ma qui la rappresentazione di tali esseri viventi sembra caricarsi di una valenza molto più alta rispetto a quella tipica del mondo rurale dei pescatori, per i quali vale tale detto. Scrive Nicolò Zancan a tal proposito:  

"A Genova la storia si tramanda da generazioni. Al principio del mondo, le acciughe erano stelle. Fu la luna, invidiosa della loro luminescenza, a cacciarle in mare. Ecco perché tornano in superficie ogni volta, attirate dal miraggio artificiale delle lampare. Vorrebbero ricongiungersi al cielo, ma finiscono nelle reti. I pescatori di acciughe sono pescatori di stelle, in qualche modo."

Un rapporto ancestrale fra mare e cielo, riallacciato al presente grazie al mito e alla tradizione, preziosi argomenti di autorità nelle canzoni di Faber. Tuttavia, la Cultura (non a caso con la "c" maiuscola) nelle sue canzoni non è manifesta, bensì latente, visibile solo agli occhi dei lettori più addenti ed eruditi.


E alla riva sbarcherò
alla riva verrà la gente
questi pesci sorpresi
li venderò per niente

Qui sembra riproporsi ancora una volta il più grande errore nella storia dell'umanità: il passaggio dal baratto alla moneta. Le acciughe non sono più utilizzate per il loro valore simbolico ma sono reificate, ridotte a merce, e perdono la loro venatura poetica, culturale e folkloristica. La "riduzione" del cibo a moneta è un topos letterario parecchio diffuso nella letteratura italiana, prima fra tutti quella del dopoguerra, che vedeva nel cibo un simbolo di opulenza e deferenza sociale (si pensi al famoso pranzo come metafora dell'unificazione italiana ne Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa).


Se sbarcherò alla foce
e alla foce non c'è nessuno
la faccia mi laverò
nell'acqua del torrente

Nella storia della letteratura l'acqua occupa un posto di rilievo poiché indice di purezza e base della cucina, in quanto ingrediente fondamentale per la preparazione dei cibi. Ciononostante, in questa strofa, l'acqua è agitata, è un torrente, che sembra rinviare ai moti cantati di Wolf Biermann nella sua celebre canzone Warte nicht auf bess're Zeiten (https://www.youtube.com/watch?v=GSw5H4tY29A) e che suggerisce l'idea di un rituale di purificazione.


Ogni tre ami
c'è una stella marina
amo per amo
c'è una stella che trema
ogni tre lacrime
batte la campana

Passan le villeggianti
con gli occhi di vetro scuro
passan sotto le reti
che asciugano sul muro

Questo passaggio induce a una riflessione più profonda sulla simbologia stella marina. Nella simbologia cristiana la stella rappresenta la Vergine Maria, la Stella Maris per l'appunto, la stella del mare, che con amore aiutava i naviganti a viaggiare sicuri sulle acque agitate. Inoltre, tale simbolo marino era anche emblema di salvezza nei momenti difficili. La stella e la stella marina vengono viste come simboli celesti e, come tali, rappresentano l'infinito amore divino. Oltre all'amore, la stella possiede anche caratteristiche quali l'orientamento, la vigilanza, l'ispirazione, la brillantezza e l'intuizione. In questo contesto la stella marina sembra rimandare alla raffigurazione della povertà del mondo rurale che, "amo per amo", dipinge un bellissimo quadro della meticolosità e ripetitività del lavoro dei pescatori sulle loro reti. 


E in mare c'è una fortuna
che viene dall'oriente
che tutti l'hanno vista
e nessuno la prende


I segreti del mare si dimostrano inaccessibli a noi mortali, non possiamo fare altro se non osservare il mare in modo passivo mentre questo ci giudica. Ma forse è giusto così, poiché la mente umana non può esaurire ogni dubbio che la assale.


Ogni tre ami
c'è una stella marina
ogni tre stelle
c'è un aereo che vola
ogni tre notti
un sogno che mi consola

Bottiglia legata stretta
come un'esca da trascinare
sorso di vena dolce
che liberi dal male

Il tema della bottiglia si addice molto alla poesia. Secondo la "erste genuine Stimme der deutschen Republik" Durs Grünbein la poesia può essere considerata come un message in a bottle, un ritrovamento casuale, un'emersione ritrovata sul bagnasciuga per puro caso e letto con stupore dal fortunato. Ed ancora nel pensiero grünbeiniano ritroviamo l'immagine di una seppiolina, simbolo del poeta che risale dalle profondità della sua coscienza curioso dei tesori che porta alla luce.


Se prendo il pesce d'oro
ve la farò vedere
se prendo il pesce d'oro
mi sposerò all'altare

Un bel chiasmo qua, fra la piccolezza e l'apparente inutilità del pesciolino che, invece, per via dei suoi riflessi e per il ruolo fondamentale nell'alimentazione dei pescatori si trasforma in un pesce d'oro, scalzando dal podio l'alalunga nella catena alimentare. 


Ogni tre ami
c'è una stella marina
ogni tre stelle
c'è un aereo che vola
ogni balcone
una bocca che m'innamora

Ogni tre ami
c'è una stella marina
ogni tre stelle c'è un aereo che vola
ogni balcone
una bocca che m'innamora

Le acciughe fanno il pallone
che sotto c'è l'alalunga
se non butti la rete
non te ne resta una
non te ne lascia una
non te ne lascia

Cornice di tutta la ballata è infine l'invito a cogliere l'attimo, sapiente monito per coloro che spesso stentano a prendere una decisione. Il pescatore che tentenna nel tirare la rete resterà senza dubbio a bocca asciutta. 


Sitografia: 
http://www.giuseppecirigliano.it/FDA/Le_acciughe_fanno_il_pallone.htm
https://www.lastampa.it/2012/05/01/blogs/vieni-avanti-creativo/le-acciughe-fanno-il-pallone-per-sfuggire-al-predatore-alalunga-TmA6XDMBzGhsUMR1sUXw2N/pagina.html
https://www.rockit.it/fabriziodeandre/canzone/le-acciughe-fanno-il-pallone/102607
https://significatocanzone.it/le-acciughe-fanno-il-pallone-fabrizio-de-andre
https://simbolisignificato.it/simboli-amore/animali-simboli-amore

sabato 10 agosto 2019

Recensione - "Wafer" di Leonardo Giorgi

Ligne de faille

Giorgi, L. (2019). ‘U Sfinciuni. Wafer. Ravenna: Sensoinverso Edizioni, “Collana Extra” LINK PER L'ACQUISTO

Ecco qua una short story alquanto inusuale, priva (ma non del tutto) di riferimenti al mondo del mare, incentrata tuttavia su di un contesto conosciuto alla maggior parte del popolo italiano: quello del terremoto di Macerata del 30 Ottobre 2016. Non si può dunque in questo caso non notare un intreccio molto forte fra Storia e storia personale del protagonista che, nel genere fantasy, ogni tanto lascia il posto a numerosi voli pindarici. Il dato reale è molto forte, sottolineato dall’utilizzo, nei dialoghi, di espressioni a volte parecchio colorite che rinfocolano il tono moderno dell’opera. Non a caso Brevini nella sua pubblicazione La letteratura degli italiani. Perché molti la celebrano e pochi la amano ci ricorda che la vera letteratura italiana è quella del dialetto, della libera espressione non soggetta alla mediazione di una lingua che, nel XIX secolo, era percepita come imposizione da parte della maggior parte degli scrittori. Giorgi
Il libro di Henry Bauchau citato nella
parte finale della recensione. 
non scende a compromessi col dialetto ma distorce e abbassa vorticosamente il registro sull’incipit per “colpire” volutamente il lettore e tenere viva la sua attenzione. Che dire, una sapiente retorica propria dello stile di chi, con le parole, ci lavora. Non a caso Leonardo è giornalista, ma sono fermamente convinto che non apostroferà mai nessuno, in uno dei suoi articoli, con l’insulto “mangi di merda” o “butti i tuoi soldi per le più grosse stronzate immaginabili”. Tal sorte non si applica purtroppo al protagonista della short story che, invece, agli albori della vicenda, vede vomitarsi addosso le peggiori cattiverie. Quello che appare evidente è piuttosto un tentativo di venire a patti con uno stato psichico paragonabile a quello della Trümmerliteratur (letteratura delle macerie) della Germania del secondo dopoguerra: uno stato di smarrimento, di mancanza di punti di riferimento, di attribuzione di colpe e ricerca di spiegazioni razionali. Il terremoto non solo crea distruzione da un punto di vista fisico e biologico ma anche psicologico e sociale, è una ligne de faille, un avvenimento catastrofico che scinde la vita in un prima e un dopo. Non mancano infatti continui riferimenti al concetto di sistematizzazione logica, rassicurante antidoto contro un mondo che sembra mancare di razionalità. Destino o casualità? Segno o caso? Un dilemma rimasto irrisolto da tempo. Preferisco però lasciare inferire al lettore come questa dicotomia si applichi allo spirito dell'opera. La metafora del Wafer a conclusione del racconto è parecchio esplicativa e rappresenta il déclic della “guarigione” del protagonista che si converte alla filosofia del caso. Spesso la sociologia della letteratura si è interessata del rapporto fra cibo e letteratura. I dolci sono oramai associati a un determinato stato psicologico di sofferenza, chi non ha in mente la scena di una delusione d’amore compensata con gli zuccheri contenuti in una vaschetta da 5kg di gelato scofanata in solitudine davanti alla televisione guardando C’è posta per te? In questo caso il parallelismo non è per nulla casuale, è solo sufficiente attribuirgli il significato metaforico di Sadia per trovare la chiave di volta della vicenda. Ultimo ma non per importanza un riferimento intertestuale che ho rintracciato in quest’opera con un testo della letteratura francese contemporanea, Antigone di Henri Bauchau, riscrittura del mito greco dell’Antigone di Sofocle. Questo libro ci ricorda infatti che “C’est lorsqu’on perd les points de repères que l’on se retrouve” (è quando si perdono i punti di riferimento che ci si ritrova). Non a caso nel racconto si nasconde un Edipo, al lettore di trovarlo. 

10 agosto '19



Colgo inoltre l'occasione per ricordare che a breve uscirà il nuovo romanzo di Leonardo Giorgi. Stay tuned per rimanere al corrente degli sviluppi! 

lunedì 5 agosto 2019

Recensione - "Oltre le Nuvole" di Marco Rubboli

La Liminalità delle nuvole

Rubboli, M. (2019). ‘U Sfinciuni. Oltre le Nuvole. Ravenna: Sensoinverso Edizioni, “Collana Extra” LINK PER L'ACQUISTO


L'album di Fabrizio de' André "Le nuvole" (1990)
Non capita spesso di leggere storie fantasy così tanto intrise di poeticità come quella di Marco Rubboli intitolata Oltre le nuvole. Le nuvole sono forse un tema che si addice di più ai poeti, basti pensare ai cantautori che si sono interessati alle vaporose e noncuranti navi bianche che svolazzano in cielo e ogni tanto si reificano in qualche album come Le Nuvole di Fabrizio De’ André. Ma qual è la vera funzione di questi giganti di zucchero filato? Forse non ci è dato saperlo, ci basta però notare che spesso le nuvole filtrano i raggi del sole dando vita a meravigliose colorazioni del cielo, soprattutto all’imbrunire. Il parallelismo non è casuale poiché in tutta la short story è presente una minuziosa attenzione al colore, una sorta di cromatismo capace di rinforzare l’impressione di un reale narrativo “fittizio” che, forse, ogni scritto fantasy dovrebbe avere. Vi è tuttavia un ulteriore elemento caratterizzante nella vicenda, diametralmente opposto (o forse no) a quello nelle nuvole: la pietra. In genere la letteratura, così come la filosofia, ci restituisce un’immagine dei massi abbastanza negativa o ingombrante (si pensi al Mythe de Sisyphe di Albert Camus) che cozza brutalmente con quella proposta da Marco Rubboli, la quale sembra diventare sempre più parte del protagonista e proteggerlo dai mali e dai pericoli sul suo cammino. C’è un momento molto bello nel quale le due istanze del protagonista e della pietra si sovrappongono, creando una sorta di sincretismo che li porta alla salvezza, questa di colore azzurro, naturalmente, in virtù dell’accentuata attenzione alle sfumature. È proprio questo il momento in cui si fa viva la liminalità delle nuvole, dopo la resilienza del protagonista e il suo slancio verso l’azzurro della salvezza. Franco La Cecla, nel suo libro Il Malinteso: antropologia dell’incontro, considera il malinteso come un territorio di confine, liminale per l’appunto, nel quale le identità delle persone si incontrano tra loro. Anche in questo caso parliamo di un territorio al confine, nel quale due istanze si scontrano, ma preferisco lasciare al lettore inferire quali queste siano. Concludendo, quello che emerge da una lettura del testo è una grandissima attenzione al dettaglio, alle parole, e alle nuances. Si tratta di un bellissimo testo, di matrice impressionistica che assomma in sé resilienza, liminalità e aspetti cromatici che rinforzano l’impressione del reale che ogni tanto si perde nella narrativa fantasy. Il finale scioglie con un colpo di scena la tensione creata a partire dalle prime righe. Un vero e proprio viaggio. Dove, però, si scopre solo negli ultimi sospiri della narrazione.


Altri romanzi dell'autore: Rubboli, M. (2018). Per la corona d'acciaio, Roma: Watson Edizioni, "True Fantasy". LINK PER L'ACQUISTO


03 agosto ’19

Friedrich Dürrenmatt: La Visita della Vecchia Signora (1955) - Un'interpretazione

Umanesimo e Cinismo  Cenni sull'opera In quel mare di testi da studiare, leggere e sottolineare si cela spesso un libro che ci cambia la...