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lunedì 5 aprile 2021

Recensione - "Il cappotto vuoto" di Caterina Franciosi

Allusioni

Franciosi, C. (2021), Il cappotto vuoto, Milano: Delos Digital, QUI PER L'ACQUISTO


Non è la prima recensione che scrivo dei racconti di Caterina poiché, come ho già ribadito nelle precedenti recensioni, penso che il suo stile e la sua bravura siano qualità degne di nota. Questa volta devo dire che il suo racconto mi ha stupito perché, non so esattamente come, Caterina riesce sempre a reinventarsi e a sortire un effetto diverso per ciò che scrive. A differenza degli altri suoi racconti questo ha dei toni più allusivi e, a mio avviso, è possibile tracciare una evidente isotopia riguardante i temi della metamorfosi e del perturbante. A svelarcelo è subito Caterina che, sin dalle prime pagine, introduce la stagione primaverile che, si sa, è simbolo di rinascita, e l'incubo, emblema per eccellenza del deragliamento dei sensi. Inoltre, come dimenticare il fatto che il cappotto vuoto potrebbe essere accostato ad un bozzolo o ad una effimera crisalide? Valentina Monetta conosce bene il tema della Crisalide (qui per la sua canzone) e, nel suo omonimo brano, si chiede per l'appunto quale sia il "ponte sull'immensità" al quale conduce la crisalide:

Certe volte dentro me
Ho sentito un vuoto che
Mi chiamava dentro di sé
Vieni ora a vedere la verità
C'è un ponte sull'immensità

Il tema della crisalide mi piace molto e credo che una lettura di questo genere possa instradare (ma non troppo) la lettura. Che questo cappotto vuoto sia una metafora? Se sì, di cosa? Come al solito, al lettore il compito di scoprirlo! 

La copertina del libro edito da DELOS Digital
Il racconto di Caterina scivola veloce ed è possibile leggerlo tutto d'un fiato senza tralasciare particolari importanti: la narrazione è avvincente, lascia con il fiato sospeso, e i dialoghi non rompono troppo la linearità del racconto ma, anzi, contribuiscono a renderlo ancora più reale di quanto già non sia. I 9 capitoli sui quali si basa la narratio intessono una bella trama, ricca di colpi di scena che sbaragliano il lettore sul più bello, ricordandogli che, come in tutti i racconti, un easter egg (visto che siamo in tema) sia in realtà un valore aggiunto.

A ciò si aggiungono importanti indicazioni sul protagonista, che sembra siderato emotivamente e stenta a scendere a patti con questa sua condizione. Cosa gli è successo? Perché cammina solo sul marciapiede? Che intenzioni ha? Quello di Hank è un personaggio affascinante proprio perché opaco, e perché il lettore può ritrovarvici tutto quello che preferisce (o crede di aver inteso). 

Alla fine di ogni recensione mi chiedo sempre cosa mi sia rimasto del racconto dopo la sua lettura. Devo dire che questa volta sono abbastanza combattuto, esattamente come il protagonista stesso. Permettere al lettore di immedesimarsi così tanto nei panni di un personaggio fittizio non è per nulla facile, eppure Caterina ci è riuscita in sole 29 pagine. Non proprio facile, non credete? 


05 aprile ’21

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