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martedì 18 settembre 2018

Il Legame Letteratura-Realtà


Il primo anno di università non si scorda mai, soprattutto se ti ritrovi a dare l'esame di Letteratura Italiana. Tomi da leggere e concetti da far propri, interiorizzare e saper presentare in occasione della prova finale, la quale sortirà una valutazione in trentesimi. È un vero peccato che, per molti, la letteratura sia accostata solamente al dovere e alle elucubrazioni mentali di persone incapaci di vivere che sfogano le loro frustrazioni scrivendo lunghi e noiosi romanzi. Secondo alcuni studenti, che mi è capitato di conoscere in prima persona e che, nonostante tutto, ad oggi sono miei grandi amici, la Letteratura si dimostra lontana dalla realtà, anacronistica, in sostanza una fuga dal reale. È dunque molto difficile per le persone più pragmatiche di me (non che ci voglia tanto) concepire un intero esame su pagine e pagine da leggere nelle quali non spesso si ritrova alcun concetto. 

Mi viene in mente dunque la distinzione di Adorno tra "Autonome Kunst" (Arte Autonoma) e "Engagierte Kunst" (Arte Impegnata). Con Autonome Kunst (intesa come arte pura, assoluta) si fa riferimento ad una pura arte formale delle parole che pone al centro dell’atto poetico l’autonomia della lingua rispetto alla società e al contesto storico nel quale essa nasce. La AK non vuole rimandare alla realtà ma è da considerarsi senza scopo, non influenzata dalle correnti circostanze politico-economiche. Nella AK l’accento è posto sulla creazione estetico-formale e non sulla materia/contenuto. Adorno parla in questo caso di Klangzauber (magia del suono). Con Engagierte Kunst si fa riferimento ad una letteratura impegnata che presuppone invece una presa di posizione in ambito religioso, sociale, ideologico o politico che mira al mutamento delle coscienza/consapevolezza dei lettori. La EK è la letteratura dell’azione, della presa di posizione, dell’entrata in relazione con la circostanza (contesto socio economico) e dell’espressione delle responsabilità personali dello scrittore nei confronti di alcune ideologie.

Ma qual è dunque l'approccio giusto che la Letteratura deve assumere nei confronti della realtà? A mio avviso, se, come dice il poeta, scrittore e drammaturgo Davide Rondoni, la letteratura è esperienza, la risposta mi pare alquanto ovvia.

venerdì 14 settembre 2018

Recensione - "Il Marinaio e la Sirena" di Caterina Franciosi

Chissà quante volte vi è capitato di andare in vacanza, lasciando da parte le preoccupazioni quotidiane, e di riflettere su quale fosse la perfetta lettura estiva. Un dolce interrogativo che, senza alcun dubbio, lascia irrisposte non poche questioni: Che autore? Che genere? Quale lunghezza? Quale formato? Un libro impegnativo o una lettura leggera? Ebook o formato cartaceo (di cui un bell'articolo della mia carissima amica Caterina consultabile QUI)? Se non avete voglia di arrovellarvi ulteriormente di seguito la recensione, scritta da me, su uno degli "esiti più felici della narrativa fantasy": 


Di seguito il link del blog della mia esimia collega, al quale potete trovare ulteriori recensioni in merito alla raccolta in questione QUI PER IL BLOG DI CATERINA





Il Canto del Mare

Franciosi, C. (2018) Il Marinaio e la Sirena. Milano: GDS, “Dreamscapes. I Racconti Perduti” - Link per l'acquisto QUI


Il racconto Il Marinaio e la Sirena di Caterina Franciosi è uno degli esiti più felici della narrativa Fantasy, capace di riprodurre, in una trama apparentemente semplice e lineare, lo stesso movimento delle onde del mare, reso con frasi brevi ma coerenti e coese che si susseguono esattamente come le onde sulla riva. Tale elemento discosta il racconto da quel “mare” (perdonatemi il pleonasmo) di Short Stories che si vedono spesso pubblicate online da autori privi di vere competenze. Si tratta di un testo che trova, nella linearità del suo stile, una perfetta ciclicità poiché la citazione posta all’inizio dell’opera apre e chiude la finzione narrativa. Niente di meglio che mettere subito in chiaro le cose con un “presagio” di addio, rappresentato da un argomento di autorità come la citazione di Fabrizio De André tratta dalla ballata “Il Re Fa Rullare i Tamburi” che, in questo caso, sembra subito creare delle aspettative e suggerire una direzione interpretativa ben precisa. Che nel testo si celino per caso altri riferimenti a qualcuna “che gli ha rapito il cuore”? Nel testo i richiami al mondo della musica sono molteplici, a partire dal flauto e dall’antica melodia della quale il Marinaio si ricorda nelle prime pagine. È per caso una metafora della musica del mare? Restando in materia, già dall’incipit ho trovato questo racconto molto interessante per via delle sue involontarie analogie con la celebre La Leggenda di Cristalda e Pizzomunno di Max Gazzé; il perché mi pare ovvio se avete letto il libro e ascoltato la canzone! Passando ai personaggi, trovo la loro caratterizzazione molto azzeccata, resa con termini ricchi di sfumature ma che, al tempo stesso, sembrano disegnare minuziosamente i contorni di una sagoma, o forse due: quelle dei nostri protagonisti. Di Eveline e Frank dei Dubliners ne avete mai sentito parlare? James Joyce sicuramente sì! Concludendo, un bel racconto, di spessore, diverso da tutti quelli che si leggono in giro, scritto dalla sapiente mano di una giovane scrittrice che, in una storia di poche pagine, ha tematizzato, a sua insaputa, il saldo anello di congiunzione tra la musica e l’uomo: il mare. Un’affascinante Short Story, da leggere sotto l’ombrellone in spiaggia o in una tranquilla sera d’estate sul proprio balconcino guardando il mare, la colonna sonora perfetta per la lettura. Il Canto del Mare diceva Zarrillo, o sbaglio? 

mercoledì 8 agosto 2018

Le Spigolatrici di Millet



Le Spigolatrici di Millet può essere considerato il manifesto del realismo Francese. Questo quadro testimonia l'esigenza da parte del pittore di una rappresentazione vicina al reale, riscoprendo il mondo degli umili e ponendolo così al centro dell'opera. Tra i lavori di Millet questa è stata certamente una delle opere più riprodotte ed ha contribuito ad accrescere la fama dell'artista. Notiamo come in questo quadro sia presente un'interessante rilettura della "poetica delle piccole cose" di influenza pascoliana: sono le attività del mondo rurale che passano inosservate quelle poste in risalto, dimenticando la sovrastruttura ideologica spesso connessa alla mitologia greca tipica del classicismo. Il dipinto ha valore sociologico, politico e storico, è una fonte, e avvicina l'arte quanto più possibile alla realtà. Arno Holz diceva infatti che Kunst (Arte) = Natur - x. Arte è la natura alla quale si sottrae una x, ovvero i materiali letterari usati per la stesura dell'opera e il soggettivismo del pittore. 

mercoledì 25 aprile 2018

G.Valente - La Locomotiva di Lemuri (2018)

Scivola e scia la locomotiva
su una scintillante scia di sciabole sciolte al sole.
L'incedere elegante.

Freme il viaggiatore
con i suoi pensieri e i suoi ricordi
nella stazione senza tempo,
teatro di vita, morte e impeti.

Freme la locomotiva,
ch'or s'accinge
a salire sul palco.
L'incedere elegante.

Eccolo lo sciacallo,
la fame verace,
nulla risparmia
se non i lemuri che
ora giaciono,
per testa, cuore o denaro,
invisibili e immuni
sotto le sue ruote.

E nelle loro livree
intrise di desideri di felicità
si respira
il profumo dei fiori del Dilà;

Non alloro bensì crisantemi.

lunedì 8 gennaio 2018

Il Teatro di Eduardo De Filippo




Eduardo De’ Filippo ha sempre tentato di emancipare Napoli dal dilagante meridionalismo degli anni ’50 ed ha utilizzato questa città come mezzo e cornice per la maggior parte delle sue opere, come possiamo ben notare nel famosissimo sketch della Tazza di caffé presa sul balcone della sua modesta dimora. Eduardo ha sempre separato, infatti, la letteratura meridionale dallo stereotipo del meridione ed ha trovato il giusto compromesso tra teatro in lingua Napoletana (vernacolare) e in lingua italiana (standard) in un teatro nuovo. 





Così come Pirandello e il Clown anche Eduardo ha elaborato una sua concezione del tema della maschera, approdando ad una vera e propria ''visione'': la maschera può esprimere sia la gioia sia il pianto e simula, con la sua staticità e fissità, molte espressioni diverse. Nel suo teatro i gesti sono essenziali e vengono, pertanto, amplificati dalla maschera. In questo senso questo strumento può essere considerato come una grande cassa di risonanza, che teatralizza al meglio i gesti semplicemente accennati degli attori. I temi dell'opera sono quelli tipici del dopoguerra, e riposano su una delle convenzioni sociali peggiori di tutto il sistema borghese: la fatidica frase "Se non hai i soldi non sei nessuno", tanto diffusa e apprezzata del capitalismo e dalla sua sovrastruttura concettuale basata sull'utilitarismo. Effettivamente Pirandello ed Eduardo sembrano condividere alcune caratteristiche tra di loro. Entrambi accostano dramma e comicità, entrambi lasciano il finale delle loro opere aperto a libere interpretazioni, entrambi fanno dell'ambiguità delle situazioni la propria materia letteraria, ed entrambi cercano di individuare e criticare la società del tempo facendo ricorso all'ironia e al detto-non detto.






Non bisogna inoltre dimenticare un altro dei punti cardine di tutto il teatro di De' Filippo: la comicità. Questa ha valore sociale, un riscontro reale e rispetta la realtà in quanto affonda le proprie radici proprio in quest’ultima. La comicità allude a ciò che accade nella società al giorno d’oggi e fa di ciò materia per le sue rappresentazioni. Qua è possibile trovare una grandissima frattura con il concetto di oggi che si dimostra legato, invece, prevalentemente alla parola, al gioco linguistico, e poco ai contenuti. Con la Comicità è possibile comunicare un messaggio ben preciso, passando per un ''canale'' diverso da quello linguistico. Ecco che funzione può avere un semplice spernacchio nella critica sociale. Sempre citando il fenomeno linguistico è necessario notare come il teatro di Eduardo sia capace di legare insieme due linguaggi e sciogliere il fenomeno di diglossia tipico della lingua italiana e del dialetto. Nelle situazioni più informali i personaggi si esprimono con un linguaggio vernacolare, in questo caso il dialetto napoletano, e questi ultimi sono espressione, a tempo stesso, di un determinato sistema di valori fortemente radicato nella varietà linguistica vernacolare. Le scene più formali sono, invece, in italiano. Adottando questo espediente ci si rende conto di quanto la lingua letteraria sia un carcere per il teatro poiché impone un processo di adattamento da parte dello scrittore; il dialetto, invece, essendo legato alla realtà e toccando le corde più intime dell'animo di chi scrive, permette al teatro di esprimersi compiutamente. Il grande teatro passa, dunque, per il dialetto, ovviando il filtro della lingua letteraria. Non era forse Pirandello colui che ipotizzò per la prima volta l'esistenza di scrittori di parole (improntati sull'arte della retorica e sulla lingua letteraria) e scrittori di cose (incentrati sulla poetica delle piccole cose e sull'espressione di sé per mezzo del dialetto)? 



Quindi, in sostanza, quali sono i caratteri fondamentali del Teatro di Eduardo De Filippo? Il teatro è un mezzo di divulgazione diverso dalla televisione che racconta la gente, è legato alla realtà e si esprime con un linguaggio vernacolare (recitato nella lingua degli attori e senza i filtri della e della lingua standard), sottolinea l'importanza degli ideali e delle sovrastrutture concettuali dei personaggi e pone al centro dell'opera il valore della speranza, la miseria del dopoguerra proponendo un'analisi antropologica dei rapporti nell'habitat sociale criticando, al tempo stesso, i suoi costumi.  



 I fantasmi siamo noi quando non vogliamo ammettere che una realtà ci annienta
la sua teatralità.

Friedrich Dürrenmatt: La Visita della Vecchia Signora (1955) - Un'interpretazione

Umanesimo e Cinismo  Cenni sull'opera In quel mare di testi da studiare, leggere e sottolineare si cela spesso un libro che ci cambia la...